UNA PASSEGGIATA SUI TETTI DI ROMA
La terrazza del Pincio, uno dei punti panoramici più famosi di Roma: da qui, di tetto in tetto, si può spaziare fino alla Cupola di San Pietro, spingersi fino ai grattacieli dell’Eur oppure, come nello scorcio della nostra foto, arrivare con lo sguardo fino al Gianicolo.
E proprio da questa splendida terrazza che iniziamo la nostra passeggiata sui tetti di Roma fino a raggiungere la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, l’ultimo tetto della nostra camminata, un tour di poco più di 6 km in una delle città più belle del mondo.
Ecco i tetti del nostro itinerario:
Il Primo tetto
Scesi dalla terrazza del Pincio (progetto di Giuseppe Valadier, che vi lavorò tra il 1814 ed il 1834), ci incamminiamo verso via del Babuino dove troviamo quasi subito il primo “tetto” della foto, ovvero il campanile della Chiesa Anglicana di Ognissanti (All Saints’ Church), quello che emerge dalla bouganville, sulla destra.
Per la storia di Roma, è una chiesa piuttosto recente, costruita a partire dal 1880 su progetto di due architetti inglesi, padre e figlio, che adottarono ovviamente uno stile neogotico inglese, molto diverso dagli stili dominanti a Roma all’epoca. Il campanile, la cui parte superiore svetta in primo piano nell’angolo in basso a destra, fu completato parecchio tempo dopo (nel 1937) su progetto di un ingegnere italiano: ottagonale all’esterno, è però circolare all’interno.
Una curiosità? A Roma esiste un’altra Chiesa di Ognissanti, ma cattolica, e nel febbraio 2017, in occasione della visita di Papa Francesco alla All Saints Church, è stato formalizzato un gemellaggio tra le due omonime parrocchie, quella cattolica e quella anglicana, così da sancire la collaborazione tra la due comunità.
Il Secondo tetto
Svoltiamo in via di Gesù e Maria, da qui prendiamo via del Corso ed eccoci arrivati al cupolone che domina il centro della foto: non si tratta del Cupolone per antonomasia, quello con la C maiuscola, ma è comunque la quinta cupola di Roma per dimensioni. Siamo alla Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso (anche nota come San Carlo al Corso), chiesa nazionale dei Lombardi che, nel 1612, iniziarono i lavori di ampliamento di una preesistente chiesa intitolata a Sant’Ambrogio (patrono di Milano) e decisero di dedicarla anche a San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano canonizzato solo due anni prima. I lavori durarono decenni (fu completata nel 1669) ed è un tipico esempio del ricco tardo barocco romano.
Anche in questo caso, non mancano alcune curiosità: il deambulatorio dietro l’altare maggiore è ispirato a quello del Duomo di Milano; nella Basilica è conservato, come reliquia, il cuore di San Carlo (donato alla chiesa, nel 1614, dal di lui cugino, cardinale Federico Borromeo di manzoniana memoria); infine, in una delle cappelle di sinistra, quella dedicata a Sant’Olav, re e martire norvegese dell’XI secolo, l’altare è il santuario nazionale dei cattolici norvegesi a Roma e per questo, in alcune occasioni, vi si celebra anche la messa in lingua norvegese.
Il Terzo tetto
Per raggiungere il terzo tetto, passeggiamo un po’ più a lungo (circa un quarto d’ora) attraverso via del Leoncino e via di Campo Marzio: nella foto si nota appena, è il tetto di una piccola lanterna, le cui dimensioni potrebbero non far immaginare l’enormità dei tesori che vi si celano al di sotto. E’ la Chiesa di San Luigi dei Francesi nella cui Cappella Contarelli si trovano tre celeberrimi capolavori di Caravaggio:
il “Martirio di San Matteo”,
“San Matteo e l'angelo”
la “Vocazione di San Matteo”
Costruita a partire dal 1518 per la comunità francese romana, è luogo di culto nazionale per i francesi dall’anno del suo completamento (1589). E proprio la storia della Francia viene esaltata attraverso dipinti e statue che raffigurano Santi e grandi interpreti della storia francese.
Il Quarto tetto
Alle spalle della chiesa c’è la meravigliosa Piazza Navona, al centro del cui lato occidentale si trovano la cupola e i due campanili che, nella foto, emergono dietro la lanterna di San Luigi dei Francesi: è la Chiesa di Sant’Agnese in Agone costruita là dove, secondo la tradizione, fu martirizzata la giovane Agnese nel IV secolo d.C., la cui testa si trova ancora all’interno della chiesa (in una cappella chiamata, non a caso, “della Sacra Testa”). Fu papa Innocenzo X Pamphilij a commissionarne la costruzione (del resto, la famiglia Pamphilij possedeva anche l’immenso palazzo accanto e la chiesa di Sant’Agnese doveva essere quasi una sorta di ricca cappella privata di famiglia): i lavori iniziarono nel 1652 e, per qualche anno, vennero affidati anche a Francesco Borromini (cui si devono la facciata concava e i due campanili), poi rimpiazzato per divergenze di opinioni con il nuovo committente, papa Alessandro VII. Nel 1677 la salma di Innocenzo X, sepolto inizialmente in San Pietro, venne portata nella cripta di sant’Agnese, dove si trova ancora oggi.
Il Quinto tetto
Adesso dobbiamo recarci sulla riva opposta del Tevere: passiamo per Campo dei Fiori, inforchiamo il Ponte Sisto, attraversiamo Trastevere e, salendo per via di Porta Pancrazio, eccoci alla Fontana dell’Acqua Paola, quell’edificio bianco che, nella foto, è in parte coperto dalla sommità del campanile della All Saints Church.
Detta anche Fontanone del Gianicolo (il fontanone cantato da Venditti, per intenderci), fu costruito per volere di papa Paolo V come monumentale punto terminale dell’acquedotto Traiano, che il papa aveva fatto restaurare per portare l’acqua in questa zona di Roma che, all’epoca, ne era quasi sprovvista. I lavori iniziarono nel 1608 e durarono parecchi anni, ma già nel 1690 ne venne eseguito un notevole ampliamento. I marmi con cui è costruita furono recuperati dal Foro Romano e dal tempio di Minerva nel Foro di Nerva, mentre le colonne (di granito rosso e grigio) furono prese dalla basilica costantiniana di San Pietro. La portata d’acqua era tale, che il fontanone alimentò la prima centrale idroelettrica di Roma dal 1901 agli anni trenta.
Il Sesto tetto
Prendiamo via Garibaldi e, ad appena 200 metri, arriviamo a San Pietro in Montorio (è la chiesa che si intravede sullo sfondo, sempre sul Gianicolo, immediatamente a sinistra della cupola di Sant’Agnese in Agone) con l’annesso convento. La tradizione vuole che in questo luogo fosse stato crocifisso, sulla croce capovolta a testa giù, San Pietro e, proprio nel punto esatto, nel chiostro adiacente la chiesa, venne eretto il Tempietto del Bramante (inizi XVI secolo), tipico esempio di architettura rinascimentale.
La chiesa venne fatta edificare dai Francescani a partire dal 1481 grazie, in particolare, alle cospicue sovvenzioni di Ferdinando II ed Isabella di Castiglia: e proprio alla Spagna, nel 1876, lo Stato Italiano donò tutto il complesso, oggi sede, tra le altre cose, della Reale Accademia di Spagna di Belle Arti.
Il Settimo tetto
Ma riscendiamo verso Trastevere percorrendo vicolo del Cedro e vicolo del Cinque, riattraversiamo il Tevere sul Ponte Sisto e, inforcando via dei Pettinari, arriviamo alla Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini (è quella cupola un po’ più bassa, e non solo per effetto della prospettiva, subito a sinistra della cupola di San Carlo al Corso). Prese nome dalla congregazione di San Filippo Neri (l’Arciconfraternita dei Pellegrini e Convalescenti della Ss. Trinità), cui venne donata una chiesa da papa Paolo IV intorno al 1558 in cui istituire un complesso di dormitori e refettori per accogliere i bisognosi. La chiesa, come la si vede oggi, fu iniziata nel 1587 e fu oggetto di varie modifiche nel corso dei secoli. Durante l’assedio francese, accolse migliaia di feriti e tra gli altri, vi fu ricoverato Goffredo Mameli (che vi morì anche, nel giugno del 1849).
L'Ottavo tetto
Ci aspettano ancora due tetti per chiudere il giro.
Il primo lo si raggiunge con una passeggiata di cinque minuti, prendendo via dell’Arco del Monte, via dei Giubbonari e infine via dei Chiavari. Siamo alla Basilica di Sant’Andrea della Valle e la sua cupola (quella che nella foto è la più vicina al bordo sinistro e alle foglie della pianta) è, per altezza, la seconda di Roma dopo la cupola di San Pietro (è infatti alta più di 70 metri!). La sua costruzione iniziò nel 1590, ma venne completata parecchi decenni più tardi (la cupola, per esempio, opera di Carlo Maderno, fu inaugurata nel 1622). Anche in questo caso c’è una curiosità: il primo atto della “Tosca” di Puccini è ambientato proprio all’interno della Basilica.
Il Nono tetto
Il secondo ed ultimo tetto, invece, è a tre minuti di qui, proseguendo su corso del Rinascimento: è la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza ed è una chiusura decisamente in bellezza perché la chiesa, opera di Francesco Borromini, è considerata non solo uno dei capolavori del celebre architetto, ma un capolavoro del Barocco in assoluto, dal punto di vista sia artistico sia tecnico.
La chiesa sorge all’interno del cortile del Palazzo della Sapienza (l’antica Università di Roma, sorta nel 1303 in Trastevere per volontà di papa Bonifacio VIII, poi trasferita nell’attuale rione nel 1431). Nel 1642 Francesco Borromini venne incaricato da papa Urbano VIII Barberini del completamento dei lavori dell’intero complesso (lavori iniziati già sotto i pontefici precedenti) e della costruzione della chiesa. Nella foto vediamo emergere la copertura della magnifica lanterna (la si vede tra la cupola di Sant’Andrea della Valle e quella della Santissima Trinità dei Pellegrini): finestre rettangolari tra doppie colonne su cui si eleva, tra fiaccole di travertino, una cuspide a spirale con una ricca decorazione di stucchi. La cuspide termina con una fiamma su cui poggiano, in ferro battuto, una sfera, la croce e la colomba dello Spirito Santo con il ramo d’ulivo.
E proprio in omaggio ai Barberini, l’ape, emblema della famiglia, compare spesso nella chiesa: la pianta stessa ne riproduce la forma e la spirale della lanterna ne ricorda il pungiglione.
CHI E' SIR WALTER SCOTT
Nato ad Edimburgo nel 1771, poeta e scrittore, è considerato il padre del romanzo storico moderno (grazie alla sua opera più famosa, “Ivanhoe”).
Avviato alla carriera di avvocato per seguire le orme paterne, nonostante i successi ottenuti in tribunale, preferì dedicarsi agli studi letterari e seguire questa sua passione.
Viaggiò molto nella sua Scozia, raggiungendo anche le zone più remote e meno conosciute, per approfondire la conoscenza del folklore locale, ma uscì raramente dai confini nazionali: alcuni studiosi sostengono infatti che la sua voglia di viaggiare fu più teorica che pratica e, infatti, negli anni in cui molti suoi amici e colleghi si dedicavano al Grand Tour, lui approfondiva solo sui libri la conoscenza di Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Italia senza mai lasciare la Scozia.
Fu solo nell’ultimo periodo della sua vita che, malato e stremato dalle fatiche letterarie, pensò che il clima del Mediterraneo potesse giovare alla sua salute e si imbarcò su una nave da guerra arrivando a Napoli. Da qui, si trasferì a Roma (dove rimase svariate settimane) per poi fare ritorno a casa, non senza visitare, lungo il tragitto, alcune città del nord Italia.
Ovunque in Italia venne riconosciuto e celebrato, ma forse era già troppo malato per apprezzare fino in fondo la cosa (ed infatti, rientrato in Scozia, morì pochi mesi dopo, nel 1832).
LE NOSTRE CARTOLINE DALL'ITALIA
Uno degli obiettivi principali, qui Nel Paese delle Meraviglie, è quello di ispirare nuovi viaggi in Italia, tramite una narrazione leggera, "zoomando" all'indietro per abbracciare l'Italia tutta - invece che scendere in mille dettagli e indirizzi di ogni luogo - alla ricerca delle storie che svelano l' unicità di ogni borgo, città o regione.
Le nostre Cartoline dall'Italia sono frutto di una ricerca sugli scrittori, poeti, letterati e viaggiatori più o meno celebri che nel tempo hanno visitato l'Italia e che hanno colto in essa qualcosa di diverso, un aspetto particolare. Questo lavoro si è orientato soprattutto sugli autori stranieri che, un po' come facciamo anche noi con il nostro punto di vista di esperti del turismo internazionale in visita nella nostra Penisola, hanno contribuito al racconto del nostro Paese con uno "sguardo dal di fuori". Spesso solo chi osserva un Paese da un punto esterno ne coglie una fisionomia nuova e sorprendente.
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